Sirmio, 250 circa
Marcus Aurelius Valerius Maximianus Herculius
Marco Aurelio Valerio Massimiano Erculeo, noto più semplicemente come Massimiano, nacque a Sirmio in Serbia nel 250 circa e morì a Massilia (l’odierna Marsiglia) nel luglio del 310. A Mediolanum, nel luglio 285, fu promosso da Diocleziano al rango di cesare privo di tribunicia potestas, con l’attribuzione di ampi poteri militari (divenne subordinato solo allo stesso Diocleziano) e designato di fatto suo successore.
Poiché molte provincie dell’impero erano luogo di conflitti, Diocleziano si rese conto di aver bisogno di qualcuno che lo affiancasse nella gestione del potere. Dotato di grande energia, di carattere aggressivo e di una scarsa inclinazione alla ribellione, Massimiano era in questo senso la figura ideale.
Il governo condiviso ebbe successo, e intorno al 286 Massimiano fu nominato augusto con il soprannome di Erculio. Si stabilì a Treviri e assunse il controllo della parte occidentale dell’impero. Combatté contro i Burgundi, gli Alamanni e i Franchi.
Con la creazione della tetrarchia, Diocleziano ebbe il governo delle province orientali e dell’Egitto, Galerio di quelle balcaniche, Massimiano di Italia, Africa settentrionale e Spagna e Costanzo Cloro di Gallia e Britannia.
Fino al 296 Massimiano si occupò in particolare della difesa dei limes renano e danubiano. Quindi passò in Africa per combattere i Mauritani, una cui precedente rivolta era stata domata dal governatore di quella provincia, ottenendo anche lì notevoli successi. Negli anni successivi fu a Roma, dove promosse la costruzione di numerose opere pubbliche (un tempio a Iside e Serapide, tre ninfei, il restauro della Curia e della basilica Giulia, un nuovo arco di trionfo, che sorgeva presso l’attuale chiesa di S. Maria in via Lata, il portico del teatro di Pompeo, che ebbe il nome di portico Giovio). Costruì importanti edifici anche a Milano.
Scoppiata la persecuzione dei cristiani, Massimiano vi partecipò con accanimento, come dimostrano gli scritti di Sant’Agostino. Nel 303 si incontrò a Roma con Diocleziano, e fu probabilmente convinto da questi a cedere insieme il potere, trasferendo i loro titoli di augusti ai cesari Costanzo e Galerio. Nel 305, in due separate cerimonie, Diocleziano e Massimiano abdicarono. Il primo si ritirò a Salona in Dalmazia, sua terra natale, mentre il secondo scelse la Lucania.
Nel 306, dopo la morte di Costanzo, suo figlio Costantino fu acclamato augusto dalle sue truppe. Massenzio, figlio di Massimiano, escluso dal potere, si fece allora proclamare imperatore dai suoi pretoriani, e offrì al padre una nuova nomina ad augusto.
Mentre Massenzio era occupato a rafforzare le difese di Roma, Massimiano si recò in Gallia per negoziare con Costantino: i due giunsero ad un accordo in base al quale Costantino avrebbe sposato Fausta, figlia minore di Massimiano, e sarebbe stato nominato augusto; in cambio si sarebbe impegnato a sostenere la causa di Massenzio in Italia.
Massimiano tornò a Roma nell’inverno 307-8, ma entrò rapidamente in contrasto col figlio e nella primavera del 308 ne sfidò l’autorità. Davanti ad un’assemblea di soldati, Massimiano accusò Massenzio di essere un debole, strappandogli le vesti imperiali. Si attendeva che le truppe lo acclamassero, ma queste si schierarono con Massenzio, e lo obbligarono a lasciare l’Italia.
L’11 novembre 308 si tenne a Carnuntum, sull’alto Danubio, un incontro cui parteciparono Galerio, Massimiano e Diocleziano, richiamato da Galerio; in questa occasione Massimiano fu obbligato ad abdicare, mentre Costantino fu nuovamente degradato a cesare, e Licinio, un leale commilitone di Galerio, fu nominato augusto d’Occidente.
Nel 310 Massimiano si ribellò contro Costantino, mentre questi era impegnato in una campagna contro i Franchi. Malgrado i tentativi di corruzione di coloro che potevano sostenerlo, la gran parte dell’esercito rimase leale a Costantino, e Massimiano fu costretto a fuggire. All’annuncio del tradimento, Costantino abbandonò la campagna contro i Franchi, si recò rapidamente nella Gallia meridionale, raggiunse il fuggitivo a Marsiglia e riuscì a catturarlo e privarlo di nuovo del suo rango. Costantino dimostrò inizialmente una certa clemenza, ma poi incoraggiò con forza il suicidio di Massimiano, che nel luglio 310 si impiccò. Il suo sarcofago è oggi divenuto il fonte battesimale del duomo di Milano.
Dopo la sua morte, Massimiano giocò un ruolo importante nelle vicende che videro opposti Massenzio e Costantino. Malgrado la precedente rottura dei loro rapporti, dopo il suicidio del padre Massenzio si atteggiò a figlio devoto; coniò monete recanti l’immagine di Massimiano divinizzato e dichiarò di volerne vendicare la morte. Costantino presentò dapprima il suicidio come una sfortunata disgrazia, ma poi, a partire dal 311, diffuse un’altra versione, secondo la quale Massimiano, da lui perdonato, aveva deciso di ucciderlo nel sonno. Decretò allora per Massimiano la damnatio memoriae, facendo cancellare il suo nome da tutte le iscrizioni e distruggendo tutte le opere pubbliche che recavano la sua effigie.
Costantino sconfisse Massenzio nella battaglia di Ponte Milvio del 28 ottobre 312. Con la morte di Massenzio, tutta l’Italia passò sotto il controllo di Costantino. Eutropia, la seconda moglie di Massimiano, dichiarò sotto giuramento che Massenzio non era figlio del marito, e Costantino riabilitò la memoria del suocero. Dal 318 Massimiano iniziò a comparire come divus sulla monetazione di Costantino, assieme a Costanzo e a Claudio il Gotico, anche loro divinizzati. Tutti e tre furono presentati come antenati di Costantino e chiamati «i migliori tra gli imperatori». Attraverso le sue figlie, Fausta e Teodora, Massimiano fu il nonno o il bisnonno di tutti gli imperatori romani che regnarono dal 337 al 363.
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