Imperatori Romani

Costantino I 306/337

Naissum (Nish in Serbia) 27 feb. 274
Flavius Valerius Constantinus

Figlio del generale illirico Costanzo Cloro e dell’ostessa Elena, Costantino trascorse gran parte della sua giovinezza alla corte di Diocleziano a Nicomedia (Izmit in Turchia). Qui fu trattenuto da Galerio anche dopo che il padre divenne augusto per l’Occidente il 1 maggio 305 (dopo l’abdicazione di Diocleziano e Massimiano), era infatti ritenuto dall’augusto d’Oriente Galerio un prezioso ostaggio da usare nell’eventualità di una rottura con Costanzo Cloro. Finalmente nel 305 d.C. si ricongiunse in Gallia con il padre ormai malato, quando poi il 23 luglio 306 questi morì in Britannia le truppe lo acclamarono augusto il 25 luglio, ma Galerio lo accettò solo come cesare per i territori già controllati dal padre lasciando la nomina di augusto d’Occidente a Flavio Severo. In linea con la tolleranza già dimostrata dal padre, Costantino emanò quasi subito provvedimenti a favore dei cristiani che invece continuarono ad essere perseguitati nel resto dell’Impero. Intanto la plebe romana e i pretoriani, desiderosi di riportare Roma agli antichi fasti imperiali, nominarono augusto il 28 settembre 306 Massenzio.

Questi chiamò presso di sè il padre Massimiano che colse l’occasione per lasciare la vita privata cui l’aveva costretto l’abdicazione per assumere nuovamente il titolo di augusto. Ma in breve, entrato in contrasto con il figlio, lasciò Roma per riparare in Gallia da Costantino che ne sposò la figlia Fausta. Fallito il tentativo di riprendere l’Italia a Massenzio e morto Severo nel 307, Galerio convocò nell’ottobre 308 un convegno a Carnuntum (Petronell in Austria) che vide la nomina ad augusto d’Occidente del generale Licinio.

Massimiano nuovamente deluso ideò un complotto contro Costantino ma fu scoperto e ucciso a Marsiglia nel 310. Nell’aprile 311 Galerio, con la controfirma di Licinio e Costantino, promulgò l’editto di tolleranza per i cristiani e poco dopo morì. Si delineò allora una divisione che vide Costantino e Licinio contro Massimino Daia e Massenzio. Il contrasto scoppiò insanabile nel 312, Costantino scese in Italia e sconfisse l’esercito di Massenzio prima vicino Torino poi a Verona e infine nella decisiva battaglia di Ponte Milvio il 28 ottobre 312 dove morì lo stesso Massenzio.

Successivamente si incontrò a Milano con Licinio ed insieme emanarono, nel febbraio 313, il famoso editto di tolleranza per tutti i culti nell’Impero. Probabilmente si trattò di un ampliamento dell’editto di Galerio voluto da Licinio per ingraziarsi, in vista dello scontro con Massimino Daia, le regioni cristiane. Morto improvvisamente Massimino Daia nell’estate 313, Costantino e Licinio rimasero unici augusti e mentre il primo continuava nella sua politica di integrazione verso i cristiani, Licinio cominciò a guardare con sospetto alle gerarchie ecclesiastiche e timoroso che operassero in favore del rivale politico, cominciò una sistematica persecuzione. Quando nel 324 i Goti invasero la Tracia, visto che Licinio cui spettava il territorio non intervenne, si mosse Costantino. Questo episodio scatenò le proteste di Licinio e fu l’inizio del conflitto. Licinio venne battuto prima ad Adrianopoli (Edirne in Turchia) infine a Crisopoli (Scutari in Turchia) il 18 settembre 324. Licinio si arrese e fu confinato a Tessalonica ma pochi mesi dopo accusato di un complotto fu giustiziato.

La politica religiosa
Nella battaglia di Ponte Milvio, Costantino fece adottare dai suoi soldati come simbolo sugli scudi il chirò (dalle lettere greche X e P), una felice scelta che conciliava il culto del Sole (comunemente indicato con la X) cui erano devoti la maggior parte dei soldati e il monogramma del Cristo, nuova e vincente religione nell’Impero. L’imperatore aveva compreso l’irreversibilità del cristianesimo e l’enorme importanza dell’organizzazione ecclesiastica, preferì quindi cercare di renderla parte integrante dello Stato per utilizzare la sua capillare e gerarchizzata struttura come supporto alla sua politica. Dall’altro lato mantenne l’aderenza formale all’antica religione pagana in particolare verso il culto del Sole. Così nel simbolo comunemente chiamato chirò realizzò la più efficace sintesi delle due principali religioni dell’Impero.

Convinto della necessità di una chiesa cristiana unita come elemento di coesione dello Stato, seguì con molta attenzione tutte le vicende legate alle questioni dottrinali, questioni che dividevano profondamente e violentemente le comunità cristiane. Per questo non estese i privilegi concessi alla Chiesa cristiana a scismatici ed eretici; intervenne poi direttamente nelle questioni teologiche come nel concilio di Nicea del maggio-giugno 325 che condannò l’arianesimo e stabilì la definitiva organizzazione della Chiesa. Nonostante le deliberazioni del concilio, Costantino si avvicinò comunque sempre più alle dottrine di Ario tanto che il battesimo in punto di morte gli fu impartito dal vescovo ariano Eusebio di Nicomedia.

Aspetti sociali e economici
Con Costantino si completò il processo di trasformazione del mondo romano che, iniziato con Diocleziano, portò alla formazione della società tardoantica. Il governo divenne definitivamente una monarchia assoluta con un rigido cerimoniale di corte che sottolineava il carattere divino dell’imperatore. In campo amministrativo i prefetti del pretorio divennero 4 e a loro furono demandate funzioni puramente amministrative. L’Impero fu diviso in quattro prefetture: Oriente (capitale Costantinopoli), Illirico (cap. Sirmio, Sremska Mitrovica in Voivodina), Italia (cap. Milano), Gallia (cap. Treviri, Trier in Germania), 14 diocesi e 117 province. La riforma più significativa fu in campo economico con la coniazione di una nuova moneta, il solido d’oro di 4,54 grammi. L’oro fu così la base di tutta l’economia tardoromana e i possessori di moneta vile (rame e argento), cioè i ceti medi e inferiori, furono pesantemente danneggiati mentre i ricchi aristocratici latifondisti detentori d’oro divennero gli effettivi proprietari dello Stato. Nella società si affermò l’ereditarietà dei mestieri che, stabilita dagli editti dioclezianei, asservì gli uomini alle professioni fin dalla nascita. A questo si aggiunse la svalutazione della moneta in rame e la spaventosa crisi economica, cosicché migliaia di persone furono costrette a vendersi con le loro famiglie ai più ricchi divenendo veri e propri servi della gleba. In questo desolante quadro sociale si formò quindi una società piramidale al cui vertice erano i ricchi proprietari terrieri e alla base proletariato e piccola borghesia nelle città, coloni e schiavi nelle campagne. Solo la chiesa con la sua organizzazione e la sua economia di carità sembrò in grado di alleviare le sofferenze delle popolazioni e costituire un baluardo contro le malversazioni del regime fiscale.

Nelle riforme di Costantino rientrò la costruzione della nuova capitale a Bisanzio, inaugurata l’11 maggio 330 con il nome di Costantinopoli. L’imperatore abbandonò poi definitivamente ogni progetto di successione politica dividendo l’Impero tra i suoi tre figli Costantino II, Costante e Costanzo, riservandosi naturalmente il controllo supremo. Intanto in Persia salì al trono l’energico Shapur II che rivendicò i territori conquistati da Galerio nel 298. Costantino preparò allora una spedizione, ma la morte lo colse ad Ancirone vicino Nicomedia il 22 maggio 337.

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